Con l’ultimo album Ghost/Spirit, Jules Reidy realizza un’opera radicalmente personale e visionaria, in cui il gesto musicale diventa preghiera e catarsi. Il suono si fa veicolo di un processo di dissoluzione e rinascita, sospeso tra intuizione mistica e padronanza tecnica, tra la fragilità dell’esperienza umana e la tensione verso l’ignoto.
JULES REIDY
Chitarrista di origini australiane e residenza tedesca, con collaborazioni importanti, da Oren Ambarchi ad Andrea Belfi, Reidy persegue un folk trascendentale, immateriale, che tende verso l’alto con accordature anticonvenzionali, scale di microtoni, sample successivamente riassemblati con brio sperimentale, con field recordings dalla
metropolitana di Berlino, scie di melodie che appaiono e riappaiono a intermittenza, inducendo un senso di misterioso déjà vu nel quale galleggiare. Con un futurismo applicato alle sei corde, con un fingerpicking scivoloso, sensibile e scattoso, che può gettare paralleli con Kaki King, anche nella fuoriuscita eterea della voce.